INNI RITMICI
La poesia cui è dedicata
questa sezione rappresenta una modalità compositiva di canto di lode a Dio in
forma poetica che ha origini prelatine e la cui produzione, rielaborazione e
traduzione dura tutt’oggi nelle liturgie cristiane. Con questa forma d’arte si
cimentarono nomi importanti della storia della letteratura e del pensiero in
epoca patristica e altomedievale, quali Ilario di Poitiers, Ambrogio, Venanzio,
Eugenio di Toledo, Beda, Paolino d’Aquileia, Rabano e tanti altri.
Gli inni mediolatini hanno
caratteristiche proprie continuate durante i secoli: si tratta di testi che permettono
l’invenzione poetica (a differenza di altri generi liturgichi tratti dalla Bibbia,
come i Salmi, le Antifone o i Responsori), disposti in strofe tra loro omogenee
e cantate tutte su una medesima melodia. Le musiche elaborate per gli inni sono
anch’esse peculiari, poiché, anche se possono talora essere condivise con
antifone e responsori, sono connotate da una certa facilità e memorabilità, che
permettono l’esecuzione a tutta la comunità orante.
La massa enorme di testi
prodotti (in gran parte pubblicati fino al XV s. nei 55 volumi degli Analecta Hymnica) e la fortuna
continuata del genere innodico permettono di studiare la storia degli inni, le
tecniche compositive, le relazioni con la liturgia: questo progetto si
interessa degli inni composti sino al primo periodo carolingio, quando
assistiamo alla fioritura di nuove composizioni grazie al clima favorevole
creato dalla sinergia tra gli interessi della corte imperiale e la produzione
monastica. L’analisi degli inni composti con criterio sillabico-accentuativo
permette di gettare luce su una serie di fenomeni riscontrabili, più tardi,
nella poesia ritmica non innodica, quali la tendenza ad estendere la regolarità
dell’alternanza di toniche e atone a tutto lo stico e non solo a fine verso,
l’utilizzo ricorrente di omoteleuti e, talvolta, di rime modernamente intese,
lo sviluppo di un filone narrativo e didattico nel seno della poesia di
argomento religioso.
CRITERI EDITORIALI
Per rispettare i limiti
cronologici scelti per il Corpus sono stati scelti gli inni con la
prima attestazione entro il sec. IX, estendendo la recensio sino a tutto il secolo successivo, e con le trascrizioni
del testo musicale datate entro l’undicesimo; abbiamo escluso, per il
momento, gli inni la cui tradizione comincia, in maniera cospiqua, solo nel
sec. X. Non vengono perciò editi in questa sede Ave maris stella, Tibi
Christe splendor Patris e Urbs beata
Hierusalem. Escludiamo parimenti Sic
(Iam) ter quaternis trahitur, la cui unica attestazione melodica a noi nota
entro il XI secolo è adiastematica e parziale. Il periodo cronologico scelto
per tradizione melodica, avanzato rispetto ai secoli presi in esame per quella
testuale, risponde a un’esigenza di comprensione: fino all’avvento della
diastemazia non è possibile ricostruire le melodie – almeno per quanto riguarda
l’altezza – ed è difficile proporre confronti tra di esse. D’altra parte, è
rischioso, per la correttezza della ricostruzione, ricercare il testo melodico
in manoscritti con la data di composizione ancora più tarda, poiché, data la
facilità di modifiche e sostituzioni di cui esse erano oggetto, rischieremmo di
confondere la permanenza della tradizione con l’invenzione successiva.
COSTRUZIONE DELL’APPARATO
L’apparato riporta le lezioni non accolte a
testo sia dei manoscritti collazionati, sia delle edizioni principali che hanno
preceduto questo lavoro, ed è distinto in due fasce per le varianti grafiche e le varianti
sostanziali.
La distinzione tra le due fasce vuole adeguarsi alla natura
di questi testi, sospesi tra l’oralità, il canto e la scrittura e la cui
prossimità con le lingue volgari è spesso evidente, non celata, addirittura,
talvolta, ricercata. In tal senso, alcune deviazioni dalla norma, che rispetto
al latino classico o patristico sarebbero da considerarsi errori significativi
in sede stemmatica, possono essere rivelatrici di prassi scrittorie di alcuni
centri o di singoli copisti che cercarono di riprodurre per iscritto alcune
modifiche avvenute nella pronuncia e di adeguare il testo a delle semplificazioni
morfologiche ormai avvenute in determinate regioni.
In
una sezione ulteriore sono riportate le rubriche che precedono l’inno nei
diversi testimoni. Per il resto, la metodologia della constitutio textus e della
costruzione dell’apparato non si discosta da quella esposta nella Introduzione
generale al CRM, cui rinviamo.