3. Inni ritmici — Introduzione all'edizione critica

INNI RITMICI


La poesia cui è dedicata questa sezione rappresenta una modalità compositiva di canto di lode a Dio in forma poetica che ha origini prelatine e la cui produzione, rielaborazione e traduzione dura tutt’oggi nelle liturgie cristiane. Con questa forma d’arte si cimentarono nomi importanti della storia della letteratura e del pensiero in epoca patristica e altomedievale, quali Ilario di Poitiers, Ambrogio, Venanzio, Eugenio di Toledo, Beda, Paolino d’Aquileia, Rabano e tanti altri.

Gli inni mediolatini hanno caratteristiche proprie continuate durante i secoli: si tratta di testi che permettono l’invenzione poetica (a differenza di altri generi liturgichi tratti dalla Bibbia, come i Salmi, le Antifone o i Responsori), disposti in strofe tra loro omogenee e cantate tutte su una medesima melodia. Le musiche elaborate per gli inni sono anch’esse peculiari, poiché, anche se possono talora essere condivise con antifone e responsori, sono connotate da una certa facilità e memorabilità, che permettono l’esecuzione a tutta la comunità orante.

La massa enorme di testi prodotti (in gran parte pubblicati fino al XV s. nei 55 volumi degli Analecta Hymnica) e la fortuna continuata del genere innodico permettono di studiare la storia degli inni, le tecniche compositive, le relazioni con la liturgia: questo progetto si interessa degli inni composti sino al primo periodo carolingio, quando assistiamo alla fioritura di nuove composizioni grazie al clima favorevole creato dalla sinergia tra gli interessi della corte imperiale e la produzione monastica. L’analisi degli inni composti con criterio sillabico-accentuativo permette di gettare luce su una serie di fenomeni riscontrabili, più tardi, nella poesia ritmica non innodica, quali la tendenza ad estendere la regolarità dell’alternanza di toniche e atone a tutto lo stico e non solo a fine verso, l’utilizzo ricorrente di omoteleuti e, talvolta, di rime modernamente intese, lo sviluppo di un filone narrativo e didattico nel seno della poesia di argomento religioso. 

 

CRITERI EDITORIALI

Per rispettare i limiti cronologici scelti per il Corpus sono stati scelti gli inni con la prima attestazione entro il sec. IX, estendendo la recensio sino a tutto il secolo successivo, e con le trascrizioni del testo musicale datate entro l’undicesimo; abbiamo escluso, per il momento, gli inni la cui tradizione comincia, in maniera cospiqua, solo nel sec. X. Non vengono perciò editi in questa sede Ave maris stella, Tibi Christe splendor Patris e Urbs beata Hierusalem. Escludiamo parimenti Sic (Iam) ter quaternis trahitur, la cui unica attestazione melodica a noi nota entro il XI secolo è adiastematica e parziale. Il periodo cronologico scelto per tradizione melodica, avanzato rispetto ai secoli presi in esame per quella testuale, risponde a un’esigenza di comprensione: fino all’avvento della diastemazia non è possibile ricostruire le melodie – almeno per quanto riguarda l’altezza – ed è difficile proporre confronti tra di esse. D’altra parte, è rischioso, per la correttezza della ricostruzione, ricercare il testo melodico in manoscritti con la data di composizione ancora più tarda, poiché, data la facilità di modifiche e sostituzioni di cui esse erano oggetto, rischieremmo di confondere la permanenza della tradizione con l’invenzione successiva.

 

COSTRUZIONE DELL’APPARATO

L’apparato riporta le lezioni non accolte a testo sia dei manoscritti collazionati, sia delle edizioni principali che hanno preceduto questo lavoro, ed è distinto in due fasce per le varianti grafiche e le varianti sostanziali.

La distinzione tra le due fasce vuole adeguarsi alla natura di questi testi, sospesi tra l’oralità, il canto e la scrittura e la cui prossimità con le lingue volgari è spesso evidente, non celata, addirittura, talvolta, ricercata. In tal senso, alcune deviazioni dalla norma, che rispetto al latino classico o patristico sarebbero da considerarsi errori significativi in sede stemmatica, possono essere rivelatrici di prassi scrittorie di alcuni centri o di singoli copisti che cercarono di riprodurre per iscritto alcune modifiche avvenute nella pronuncia e di adeguare il testo a delle semplificazioni morfologiche ormai avvenute in determinate regioni.

In una sezione ulteriore sono riportate le rubriche che precedono l’inno nei diversi testimoni. Per il resto, la metodologia della constitutio textus e della costruzione dell’apparato non si discosta da quella esposta nella Introduzione generale al CRM, cui rinviamo.