1.23 — O tu qui seruas

O tu qui servas
(ed. F. Lo Monaco - S. Barrett)


Il gruppo di testi poetici, noto con il nome di Carmina Mutinensia,1 che si è andato formando, con il contorno di altro materiale, nel fascicolo finale di un manoscritto che ha come nucleo un esemplare delle Decretales pseudo-isidoriane, forse prodotto a Nonantola nel terzo quarto del IX secolo e quindi migrato a Modena (ove ancora è custodito, presso la Biblioteca Capitolare, sotto la segnatura O. I. 4), assai probabilmente all'epoca del vescovo Leodoino (869/871-898?),2 ha, si potrebbe dire, il proprio fulcro in quello che venne dotato dall'editore principe, Ludovico Antonio Muratori, del titolo di «Rythmus canendus militibus Mutinensis urbis custodibus» (intitolazione da cui discende, con ogni probabilità, la vulgata denominazione di «Canto delle scolte modenesi»).
Accettati gli anni tra l'882 e l'899/900 quali estremi cronologici per l'aggregazione, nonché, in alcuni casi, probabilmente la composizione, dei Carmina Mutinensia, giusta le magistrali e difficilmente controvertibili indagini di Aurelio Roncaglia,3 il Canto appare tra di essi in una forma già precedentemente cristallizzata (e tuttavia non coincidente, a quanto sembra, con la prima elaborazione) forma che va quindi agglomerando, proprio sulla pagina del manoscritto modenese, ulteriori stratificazioni, che vanno progressivamente a orientare un ritmo originariamente, a quanto sembra, destinato a esaltare le virtù belliche dell'aristocrazia laica verso una funzione di canto di dedicazione.4
In tale situazione, se facilmente individuabili sono le aggiunte che mostrano con evidenza grafica la propria natura di inserto, come accade, nel corpo del rhythmus, per i vv. 11-16 e inoltre per i passi in onore di s. Giminiano (cfr. apparato al v. 30), diversamente identificabili - e tuttavia individuabili - sono i versi assai probabilmente aggregati in fasi redazionali che anticipano (o, come limite massimo, si identificano con) l'antigrafo utilizzato per copiare il rhythmus nel codice di Modena e di conseguenza necessariamente ricondotti nel manoscritto a una veste grafica uniforme.5 La frattura di una continuità sintattica che parrebbe richiesta dal nesso relativo d'inizio del v. 35 (il quale si trova in chiara connessione con il Christi di v. 19 e in più che probabile successione con l'illius di v. 21) sembrerebbe difatti indicare che i vv. 23-34 siano un'aggiunta posteriore, nata quasi a voler dar corpo ai canti cui si accenna nel v. 22, inserzione che va inoltre a modificare la funzione dell'aggettivo haec legato al sostantivo carmina: da deittico del rhythmus a prolettico di un effettivo canto di preghiera. A lasciar intravedere inoltre un possibile secondo livello di espansione testuale, all'interno di questo medesimo gruppo di versi, è da un lato il distico costituito dai vv. 25-26, i quali, esibendo una rima in -ilis, infrangono l'evidente scelta di assonanzare il ritmo in -a, dall'altro il nucleo dei vv. 31-34 i quali, con l'invocazione a Maria e a Giovanni Battista, mostrano la propria sostanziale incoerenza rispetto alle invocazioni a Cristo che invece regolano il testo nei versi precedenti e in quelli seguenti.6
Sembrerebbe pertanto possibile ipotizzare una stratificazione del ritmo in almeno tre forme, due ricostruibili e una consegnataci dalla situazione esteriore del codice di Modena: forma pre-M (vv. 1-10, 17-22, 35-42), forma M1 (inserzione, ricostruita, dei vv. 23-34), forma M2 (inserzione, visibile, dei vv. 11-16 ed espansione con versi su s. Giminiano).7 Non è facile determinare la sequenza delle fasi di ampliamento testuale nella forma M2: infatti viene qui raggruppato sotto un'unica sigla quanto è esito di almeno due operazioni distinte, a opera anche di mani diverse, sulla cui gerarchia cronologica è, al momento, difficile pronunciarsi.8
Poche le osservazioni metriche e linguistiche possibili, anche in ragione della trasmissione del testo attraverso un testimone unico, facilmente dunque latore di un profilo linguistico individuale a fronte di una pressoché sicura — come s'è visto —, sia in termini di cronologia sia in termini di autorialità compositiva, stratificazione redazionale del ritmo, riconducibile con ogni probabilità a una tradizione poetica locale di livello culturale decisamente alto (come stanno a indicare anche solamente i loci paralleli individuati). Il dodecasillabo 12i7 appare nel codice di Modena costruito con meticolosa regolarità nelle componenti di 5p + 7pp.9. Si può osservare che vi è iato in cesura ai vv. 7 (lapsa ocultata), 8 (urbem et), 9 (uoce auis), 29 (nostra haec) e quindi iato interno ai vv. 7 (ocultata agmina), 9 (uoce auis), 12 (bello egregius), 17 (facta est in), 18 (adorata ut), 24 (serua haec), 29 (nostra haec) e 36 (sine ipso). Vi è formazione di parola metrica al v. 18 út-dea, in clausola proparossitona. Dal punto di vista linguistico, quasi in contrapposizione al rispetto pressocché assoluto della norma dal punto di vista morfo-sintattico, sono da registrare alcune particolarità grafiche, che potrebbero non essere semplicemente degli idiotismi del copista10: confusioni nell'impiego di ae ed e, come per 3 Haector, 4 Gretia (in questo caso si unisce anche l'usuale incertezza grafematica per l'occlusiva dentale /c/ + /j/), 23 e 29 Christae11, i mancati raddoppiamenti o rafforzamenti di 7 ocultata e 35 uitrix, infine l'anomalo 11 clanglore, in cui è forse ravvisabile un esito grafematico per indicare l'assordamento della gutturale nel gruppo /n/ + /g/12.
In sede editoriale si procederà a pubblicare il testo del rhythmus nella forma M2, relegando tuttavia solamente in apparato le invocazioni a s. Giminiano13, giacché esse mostrano in maniera evidente (sia per dislocazione sia per modalità di inserzione sia per tecnica versificatoria) i tratti della propria sostanziale autonomia. Pressoché assoluto sarà il rispetto della facies linguistica del testimone che conserva il ritmo, con pochissime eccezioni14.


1 Edizione di riferimento dei Carmina Mutinensia rimane quella di Ludwig Traube in MGH Poetae III, pp. 702-6.
2 Una scheda descrittiva del manoscritto, con utile raccolta bibliografica, è offerta da Vigarani, Archivio Capitolare di Modena, pp. 44-6. Da considerare ovviamente anche le note di Bischoff, Kataloge, II, p. 191 n. 2793. Il fascicolo in cui sono i Carmina Mutinensia è un quaternione formato da due bifogli (ff. 154 /157 + 155 / 156), non rigati, posto già in epoca antica in posizione liminare (i fogli di guardia, attualmente numerati come ff. 158 e 159, sono seriori), come indicherebbe il cattivo stato di conservazione di f. 157v, foglio peraltro mutilo per l'asportazione della parte inferiore (la sezione asportata è perfettamente rettangolare; si potrebbe ipotizzare che il pezzo di pergamena abbia avuto una destinazione pratica: accogliere un breve documento o una lettera) e quindi probabilmente già ab antiquo progettato per ricevere testi di breve estensione e di varia natura, prevalentemente documentaria, ma con possibilità di dare spazio anche a componimenti poetici, omiletici etc. (per queste tipologie di espansione in «codici archivio» - con riferimento anche al codice di Modena - si veda Petrucci, Spazi, pp. 984, 997, 1000-1 e 1004). I testi presenti nel fascicolo sono: (f. 154r) un privilegium del vescovo di Modena Leodoino (edizione in Vicini, Regesta, p. 43), una registrazione di testimonianza («Bonefatius. Nam manifestum est confiteri eum de crimine (...)»; (f. 154v) il ritmo O tu qui servas (ICL 11064), i vv. 1-10 dei Versus Rome (ICL 10239); (f. 155r) i vv. 11-24 dei Versus Rome, i Versus de cavenda Venere et vino (AL 633); (ff. 155v-156v) il sermo 45 di Pietro Crisologo (cfr. PL 52 col. 325), cui fanno seguito (di mano più tarda) i Versus de sancto Paulo (ICL 14634); (f. 157r) il testo di un'epigrafe metrica in onore di Leodoino per l'edificazione delle mura di Modena (ICL 4046), seguito dalla doppia redazione di versi in onore di s. Giminiano (ICL 2584 e 2585), legati al ritmo O tu qui servas (inoltre nel margine superiore e sinistro del foglio è un elenco di prestito di documenti); (f. 157v) dopo un breve testo, su tre righe, di difficile lettura, vi è una lettera del vescovo Leodoino all'abate di Galeata, Ilaro (edizione in Vicini, Regesta, p. 52). I testi aggregati lascerebbero dunque pensare che la creazione e la scritturazione del fascicolo siano da inscrivere entro il periodo dell'episcopato leodoiniano e che esso testimoni un'attività legata alla cancelleria vescovile, alla quale dovrebbero dunque essere riportate le varie mani che agiscono sui fogli: tutte coeve, fatta eccezione, come detto, per quella che verga, a f. 156v, i Versus de sancto Paulo.
3 Roncaglia, Scolte modenesi, pp. 13-17 e 22-24.
4 Il ritmo sembra essere stato originariamente dedicato a Cristo: la Vergine, s. Giovanni Battista e s. Gimininano sono, o paiono essere, inserzioni successive, e tale assenza della figura di un santo patrono potrebbe essere un tratto di arcaicità (cfr. Capo, Paolo Diacono pp. 298-9). Inoltre il nucleo del ritmo (direi i vv. 17-22, 35-42) mostra interessanti vicinanze con l'epigrafia sia pubblica sia privata di epoca liutprandea (in particolare con l'epitaffio per Audoaldo e con l'iscrizione di Liutprando per le fortificazioni di Cittanuova: cfr. MGH Poetae IV, pp. 143 e 723), e anche con le laudes civitatum, soprattutto nell'esortazione ai cives e nella richiesta di aiuto a Cristo (si vedano soprattutto le strofe 20-23 delle Laudes Mediolanensis civitatis: cfr. MGH Poetae I, p. 26; per la connessione dell'idea di civitas a quella di cives in epoca longobarda cfr. S. Gasparri, Il regno longobardo, pp. 61-72). Infine vale la pena ricordare che si fa cenno a una riedificazione di Modena all'epoca del re longobardo Cunincpert nella str. 5 del Carmen de synodo Ticinensi (MGH Poetae IV, p. 729).
5 Una stratigrafia delle mani che agiscono a vergare i Carmina Mutinensia e che intervengono su O tu qui servas era stata proposta da Roncaglia, Scolte modenesi, pp. 6-13 (le conclusioni cui giungeva Roncaglia sono generalmente condivisibili, sebbene qualche perplessità susciti l'individuazione di un intervento della «Mano IV» nella copia dell'epigrafe lodoiniana del f. 157r). Per parte mia proporrei la seguente sequenza di mani (introduco una nuova numerazione rispetto a quella di Roncaglia): Mano 1 (= Mano I Roncaglia) verga il testo base di O tu qui servas e interviene a fare alcune correzioni (vv. 4, 8, 22, 26, 40); Mano 2 (= Mano IV Roncaglia) inserisce i vv. 11-16 e interviene in più punti a rivedere il testo (cfr. apparato ai vv. 11-16); Mano 3 (= Mano II Roncaglia) annota il rinvio alla la prima redazione dei versi in onore di s. Giminiano, vergati a f. 157r (la «Mano III» di Roncaglia è quella che offre, sempre a f. l57r, una diversa redazione dei versi per s. Giminiano, e tuttavia non è presente sul f. 154v). Il problema - non poco spinoso - delle mani che agiscono nel fascicolo del codice modenese in cui sono i Carmina necessita tuttavia di nuove indagini, che vadano a riguardare l'intero codice, e che è opportuno destinare ad altra sede. Vale comunque la pena notare che la Mano 2 compare ad agire anche altrove nel manoscritto, e specificamente sui fogli delle Decretales, a implicare che il fascicolo non è stato aggregato in maniera fattizia al codice dello pseudo Isidoro (fatto che poteva essere eventualmente anche sospettato) quanto piuttosto effettivamente appartiene a un progetto di espansione di aree deputate ad accogliere testi liminari e/o estravaganti (per alcune interessanti spunti di riflessione circa i possibili legami tra la natura del codice e le aggregazioni cfr. Golinelli, Inventario dei manoscritti, pp. 20-1).
6 Per questi ultimi versi già il Roncaglia aveva trovato una plausibile datazione e una probabile occasione nella dedicazione di una cappella alla Vergine e a s. Giovanni Battista voluta dal vescovo Leodoino nell'881: Scolte modenesi, pp. 23-4.
7 Anche Roncaglia proponeva una stratificazione del ritmo: oltre a considerare editorialmente a parte i vv. 11-16, (Scolte modenesi, pp. 11-2), riteneva interpolati, sulla base della tradizione editoriale precedente, anche i vv. 25-26 e i vv. 31-34 (Scolte modenesi, p. 9).
8 Sarei più incline a pensare che dapprima siano stati inseriti, dalla Mano 2, i vv. 11-16 e attuate le correzioni a testo (cfr. qui nota 5 e l'apparato ai vv. 11-16) e quindi sia stato aggiunto, dalla Mano 3, il rimando ai versi su s. Giminiano vergati al f.157r (= ICL 2584), poi ulteriormente rielaborati da qualcun altro (= ICL 2585: cfr. apparato a v. 30). Si tratta comunque di una mera ipotesi, legata all'idea che nelle fasi di rielaborazione del ritmo abbiano avuto la priorità gli interventi della mano che appare in generale più attiva nel codice di Modena: da identificare se non in quella di un possessore almeno in quella di un fruitore abbastanza costante. Roncaglia (Scolte modenesi, pp. 12) prospettava come sequenza - sintetizzata anche nella siglatura delle mani - dapprima l'intervento della mano che inserisce il rinvio ai versi su s. Giminiano scritti a f. 157r («Mano II»), poi rielaborati, come accennato, da altra persona («Mano III») e quindi poneva l'attività di colui che inseriva i vv. 11-16 e le correzioni («Mano IV»): tuttavia tale articolazione degli interventi partiva dal presupposto che la «Mano IV» fosse da identificare con quella che verga l'epigrafe in onore di Leodoino, sempre a f. 157r del codice dello ps. Isidoro (cfr. qui nota 5), per cui vi è più di un motivo di dubbio.
9 9 Per la scelta di assonzanzare i versi in -a (con alcune infrazioni redazionali), cfr. qui p. 343.
10 Sembrerebbero da doversi invece assegnare, con una certa sicurezza, a incertezze e abitudini grafiche del copista hec di v. 15, come arcae di v. 10 e ducae di v. 35, i due ultimi casi frutto dell'impiego del grafema -æ, in presenza di un'assoluta agrammaticalità delle terminazioni.
11 Piuttosto che ricondurre la terminazione di Christae a un fatto di incertezza grafica (per cui cfr. nota precedente), l'iterazione nell'uso della terminazione dittongata (oltretutto in presenza di nomen sacrum scritto in forma abbreviata) parrebbe da doversi inserire in una tradizione linguistica ormai consolidata: si veda in generale Stotz, HLSMA III Lautlehre, p. 26 (§ 18. 1).
12 Parallelo possibile sarebbe il clanguore registrato in Arnaldi-Smiraglia, Lexicon, s.v. clangor.
13 Cfr. supra.
14 La tendenza degli editori sino a Roncaglia (con minor invadenza, è pur vero, nel caso di Bertoni) è stata quella di normalizzare grafie eccentriche, scelta che nella presente edizione non verrà seguita.